Quali sono le caratteristiche salienti del mediatore interculturale in Emilia-Romagna?
Quali saranno invece quelle del mediatore del futuro? In altri termini, quali sono le prossime sfide da raccogliere?
A queste e ad altre domande cerca di rispondere il Report attraverso un'indagine realizzata in piena pandemia da Covid –, curata da un gruppo di lavoro all'interno del Servizio Politiche per l’integrazione sociale, il contrasto alla povertà e Terzo settore (Regione Emilia-Romagna) con la supervisione di Monica Raciti, Responsabile dell'omonimo Servizio, e in collaborazione con il Progetto ICARE.
Il volume, disponibile anche nella versione per il web, vuole essere dunque uno strumento tecnico e statistico, si, ma anche in grado di suscitare un confronto e un dibattito costruttivo tra coloro che sono chiamati a decidere e attuare tutte quelle politiche che puntano all’inclusione e al contrasto delle diseguaglianze.
Leggi qua la notizia completa sul sito della Regione Emilia-Romagna
Il capitolo 4 del Report (da pag 63 a pag. 69) è interamente dedicato al Progetto I.C.A.R.E "Il progetto I.C.A.R.E. e la mediazione con Richiedenti e Titolari di protezione internazionale"
Di seguito uno stralcio:
"...Quasi tutti gli intervistati riportano come oggi la figura del mediatore che lavora con i rifugiati sia in continua evoluzione: loro stessi si sentono in evoluzione. In linea generale i mediatori con più anzianità di servizio in questo campo sono consapevoli che i
mutamenti dei flussi migratori e il consolidamento dei processi di inclusione impattano sulla loro professione, tanto che esplicitano come essi stessi cessino via via di operare in prima linea e tendano a modificare la loro professionalità per diventare educatori,
coordinatori e formatori..."
"...Queste trasformazioni mansionali fanno naturalmente emergere anche nuovi bisogni formativi per poter essere più confidenti con queste nuove professionalità. Bisogni che, da un lato, vanno verso una richiesta di riqualificazione della mediazione più focalizzata all’accoglienza ed all’orientamento di tipo comunitario e di prossimità urbana (nei condomini, nelle comunità locali, nei quartieri, ecc.), e dall’altro, legati alla necessità di poter disporre di strumenti in grado di operare in altri contesti operativi come animatore sociale o educatore o nel management del terzo settore come progettista o coordinatore. Resta comunque forte la richiesta di formazione e aggiornamento specifico per poter lavorare “in prima linea” con i RTPI, formazione che al momento viene segnalata come non del tutto adeguata quando non praticamente assente..."