La pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza come la vulnerabilità sociale di alcuni gruppi all'interno dei Paesi ne aumenti il rischio di infezione da malattie trasmissibili, ne ostacoli l'accesso alle cure e alle misure preventive (compresa la vaccinazione) e, più in generale, li esponga a peggiori risultati di salute. Questo vale anche nel caso di migranti e rifugiati, per i quali il rischio di contrarre malattie è molto alto durante e dopo la migrazione ed è quindi necessario adottare politiche nazionali, coordinate a livello internazionale, per garantire un’offerta vaccinale contro il COVID-19 inclusiva, gratuita e proattiva per persone migranti o rifugiate indipendentemente dal loro status giuridico. Inoltre, sarebbe importante estendere questo approccio oltre l'attuale pandemia al fine di ridurre le disuguaglianze sanitarie e migliorare la preparazione alle minacce per la salute presenti e future. La raccomandazione viene da un policy brief, pubblicato a settembre 2021 e realizzato da alcuni ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e di altre istituzioni scientifiche italiane (Università di Pisa, Università La Sapienza di Roma e SIMM, Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) nell’ambito della task force sulle migrazioni del Think20, il “serbatoio di idee” del G20.